Il disagio giovanile, le patologie mentali dell’adolescenza e dei giovani adulti (PARTE 1)

Il tema delle patologie mentali dell’adolescenza è fortemente discusso dalla letteratura medica neuropsichiatrica infantile e psichiatrica dell’adulto.

In primo luogo, la diagnosi di qualsiasi condizione patologica della mente in un minore, quindi fino ai 18 anni di età, è svolta dalla neuropsichiatria infantile.

Oltre i 18 anni di età la patologia mentale viene gestita dalla psichiatria dell’adulto.

Esiste un periodo di sviluppo che va normalmente dall’inizio dell’adolescenza fino alla maggiore età, in cui il giovane può manifestare sintomi di esordio di patologie psichiatriche maggiori e disturbi del comportamento.

L’adolescente va incontro, in questo periodo della vita, allo sviluppo della propria identità, del pensiero critico e della coscienza della realtà.

Pian piano incrementa abilità e capacità di adattamento all’ambiente (coping).

L’adolescenza è il momento in cui si costruisce una percezione di autostima e di autoefficacia.

Si è obbligati a seguire un percorso di studi in cui ci si deve confrontare con la realtà sociale e con le sue regole.

Il giovane è sottoposto a numerosi passaggi di crescita critici come lo sviluppo della sessualità nelle fasi ormonali, la definizione di un orientamento sessuale, la crescita del corpo, le responsabilità sociali, gli esami scolastici, le competizioni sportive, i primi legami importanti e le prime separazioni, le delusioni profonde, le perdite etc.

In questo articolo verranno trattate le condizioni principali di sofferenza psichica negli adolescenti e nei giovani adulti: i disturbi dell’adattamento, il trauma, la depressione, la fobia sociale, il disturbo ossessivo compulsivo (DOC), i disturbi del comportamento, l’ADHD, l’abuso di sostanze stupefacenti, la dipendenza da internet, i disturbi del comportamento alimentare e le patologie psicotiche (schizofrenia, disturbo bipolare etc.).

Le reazioni di adattamento, il trauma e la depressione

Un adolescente può vivere intensi stati di demoralizzazione e di ansia reattivamente ai vissuti drammatici a cui va incontro. In questa epoca della vita la capacità di adattamento al mondo circostante è fragile.

I disturbi dell’adattamento sono forme di sofferenza e disagio psichico legati alle difficoltà di un individuo di adattarsi ad esperienze drammatiche dell’esistenza.

Questa forma di reazione mista emotiva e comportamentale si può verificare sia nei minori che negli adulti.

Le reazioni di adattamento corrispondono a condizioni di malessere psichico transitorio e reattivo che si esprimono con modalità che variano da quadri ansioso-depressivi a condizioni di alterazione dell’emotività e del comportamento.

Tra i fattori di rischio legati a questi disturbi si considera anche il vivere un evento traumatico o una ripetizione di eventi traumatici.

Nei casi di grave trauma psichico, il malessere di un giovane può esprimersi attraverso i sintomi del disturbo acuto da stress (ASD) e del disturbo cronico da stress (PTSD).

Queste condizioni patologiche possono verificarsi sia nel bambino che nell’adulto e di solito presentano una clinica caratterizzata dalla presenza ripetitiva nella psiche, durante lo stato di veglia, di flashback (memorie lucide dell’evento traumatico) e durante il sonno, di incubi riferiti al rivivere lo stesso evento traumatico.

I sintomi da stress come l’instabilità dell’umore e dell’emotività, l’insonnia e l’ansia sono frequentemente associati a questi quadri psicopatologici.

Bisogna considerare che non esiste soltanto il trauma legato ad eventi catastrofici e che mettono in dubbio l’esistenza di un individuo (terremoti, guerre, violenze fisiche e sessuali).

Esistono anche situazioni drammatiche vissute dal bambino o dall’adolescente che non mettono in gioco la vita stessa di una persona, ma che vengono così percepite dall’individuo.

Per un giovane, il vivere una separazione, una delusione amorosa, il subire bullismo, possono generare una profonda reazione di sofferenza psichica talvolta eccessiva rispetto ai fatti avvenuti.

La difficoltà a resistere alle frustrazioni degli eventi di vita può generare profondo malessere.

Non è raro, infatti, riscontrare la depressione maggiore già in un bambino o in un adolescente.

Situazioni di infelicità all’interno del nucleo familiare, la malattia grave, la perdita di una persona cara, gli ambienti traumatici, violenti e di tossicodipendenza, influiscono pesantemente sulla stabilità emotiva e sullo sviluppo psichico di un individuo.

Un bambino, che cresce costantemente a contatto con la sofferenza e con il disagio, può sviluppare nel tempo condizioni di depressione cronica. Può manifestare sintomi da ansia, stati di agitazione e crisi emotive.

Il vissuto drammatico può determinare la strutturazione di un io fragile, instabile o depresso in un giovane sottoposto a questo tipo di sollecitazioni ambientali.

La depressione dell’adolescente può essere molto grave e può in taluni casi, predisporre al comportamento ed all’atto suicidario.

Il suicidio durante l’adolescenza e la prima età adulta è relativamente frequente e la sua prevalenza è aumentata negli ultimi anni.

Condizioni di profondo malessere per un giovane possono essere considerate come troppo pesanti da sopportare.

Un bambino che subisce bullismo a scuola può percepire la propria vita come destinata ad una sofferenza costante.

Gli adolescenti sono molto diversi tra loro ed ognuno esprime le sue peculiarità ed unicità.

L’orientamento sessuale si determina nel bambino e poi nell’adolescente.

Un ambiente che non accetta un diverso orientamento sessuale può determinare persecuzione e bullismo su alcuni elementi del gruppo.

Alcuni bambini possono essere affetti da problematiche dell’apprendimento e problematiche di disfluenza verbale, balbuzie.

Queste situazioni possono portare alla discriminazione ed all’isolamento di una persona.

Il mondo dell’infanzia può essere molto complicato da vivere per un bambino che cresce in ambienti di insicurezza e di disagio sociale.

La famiglia non è in assoluto l’unico fattore in causa nello sviluppo di problematiche psicologiche.

Anche nei casi di ambienti familiari corretti e sani, se il bambino si sente rifiutato dal gruppo degli altri coetanei, come può avvenire a scuola, può sviluppare problematiche di depressione e può tendere a costruirsi un’identità fragile.

L’ambiente sociale è un fattore di rischio determinante lo sviluppo di malessere psicologico in un giovane. La società umana è conflittuale e tende ad isolare le diversità piuttosto che integrarle.

La discriminazione di un adolescente nel contesto del suo ambiente determina pesanti conseguenze sul piano psicologico.

Il giovane tende a vedere maggiormente la realtà del momento e può generalizzare il proprio malessere temporaneo e proiettarlo nel suo futuro.

Si può percepire come condannato a vivere un mondo ostile e rifiutante.

L’atto suicidario esprime sostanzialmente la volontà di porre fine alle proprie sofferenze molto spesso legate all’interazione con un mondo che appare nemico.

Come sappiamo, Il suicidio in un giovane rappresenta il totale fallimento della realtà sociale che egli stesso vive.

Ansia sociale e disturbo ossessivo compulsivo (DOC)

Alcuni disturbi come l’ansia o fobia sociale sono frequenti nei giovani adulti.

La percezione di un ambiente ostile può indurre nel giovane un comportamento tendente all’evitamento dei contesti sociali in generale.

Alcune moderne soluzioni passatempo come i videogiochi possono diventare l’attività dominante nella vita di un bambino o di un adolescente che sviluppa difficoltà di adattamento sociale.

L’isolamento sociale in un adolescente deve sempre far pensare che possa essere presente un malessere psichico alla base di questo comportamento.

Il giovane può manifestare sintomi d’ansia relativamente al vivere alcune particolari situazioni sociali. L’ansia sociale si sviluppa nel momento in cui un soggetto, che sia un bambino o un adulto, vive con profonda angoscia molteplici situazioni pubbliche.

L’individuo può manifestare ad esempio difficoltà nel leggere o nel parlare in pubblico e complessivamente nello stare all’interno di contesti sociali in cui può essere giudicato o per cui è richiesta una performance.

Le conseguenze psicologiche di queste situazioni sono gravi ed intaccano l’equilibrio interiore. L’intensa ansia anticipatoria percepita dal giovane è spesso direttamente legata a particolari situazioni già vissute ed al ricordo del malessere percepito in queste occasioni.

Evitare i contesti sociali che provocano ansia può diventare un comportamento costante e strutturale. Il giovane che sviluppa ansia sociale va indirizzato a compiere un precorso di psicoterapia volta alla presa di coscienza del proprio malessere.

L’utilizzo di sostante stupefacenti può peggiorare l’isolamento sociale, come anche la dipendenza da internet e dal gioco online.

Durante l’infanzia e l’adolescenza possono emergere i primi sintomi da nevrosi ossessiva, in particolare può esordire la clinica del disturbo ossessivo compulsivo (DOC).

I disturbi legati al pensiero ossessivo possono essere associati a quadri psicopatologici iniziali di una condizione mentale che generalmente diventa cronica nell’adulto.

Tematiche fobiche come la contaminazione, il contagio, la percezione di sporcizia possono essere presenti già nel bambino ed innescare comportamenti rituali e ripetitivi come lavarsi le mani o l’evitare ambienti ipoteticamente contaminati.

Nel caso del DOC giovanile, l’approccio alle cure prevede in primo luogo la psicoterapia ed in alcuni casi la farmacoterapia.

La psicoterapia psicodinamica ad impronta analitica è storicamente associata alla cura delle nevrosi nell’adulto.

In linea generale, nel bambino si preferiscono approcci psicoterapeutici di tipo cognitivo-comportamentale. La psicoterapia effettuata precocemente, può essere molto efficace ed in alcuni casi di per sé risolutiva.

L’utilizzo dei farmaci psichiatrici nel minore è previsto per quei casi gravi di DOC.

Vengono normalmente preferiti farmaci antidepressivi serotoninergici di nuova generazione (SSRI).

Il giovane che sviluppa disturbi nevrotici va in generale accompagnato e seguito nel tempo.

I disturbi nevrotici dell’infanzia non giungono sempre a cronicizzare nell’adulto, soprattutto se vengono curati e trattati fin dall’esordio dei sintomi.

I disturbi del comportamento

La personalità di un individuo inizia a formarsi precocemente durante l’infanzia e continua il suo percorso durante l’adolescenza e fino all’età adulta.

I segni clinici di una personalità fragile possono emergere precocemente durante lo sviluppo.

La definizione e la categorizzazione dei disturbi di personalità è soggetta a continue nuove attualizzazioni, ma la diagnosi di disturbo di personalità riguarda di solito l’adulto e viene posta di norma a partire dai 18 anni di età.

Risulta comunque abbastanza evidente che i quadri clinici dei disturbi di personalità dell’adulto esordiscano già durante l’adolescenza, per cui è frequente indirizzare il minore con gravi sintomi del comportamento verso l’inizio di un percorso terapeutico precoce.

Il manuale diagnostico delle malattie mentali (DSM) descrive inoltre alcune condizioni patologiche del comportamento che possono verificarsi precocemente nel bambino e nell’adolescente e che possono in seguito evolvere in differenti quadri psicopatologici dell’adulto.

Si tratta dei disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta.

In particolare, le principali entità diagnostiche sono: il disturbo oppositivo provocatorio, il disturbo esplosivo intermittente ed il disturbo della condotta.

Queste condizioni sono caratterizzate dal manifestarsi di quadri clinici che si esprimono con diversi livelli di intensità dei sintomi (ad es. il controllo della rabbia) e da situazioni di grave difficoltà nella gestione dell’emotività e delle reazioni comportamentali.

Un soggetto può manifestare comportamenti antisociali, inadeguati con frequenti accessi d’ira spesso scomposti e sproporzionati rispetto alla causa del malessere.

La rabbia è un sentimento comune in questi pazienti.

Il soggetto può manifestare atteggiamenti collerici ed in alcune situazioni esprimere comportamenti aggressivi verbali o anche fisici e non curanti delle conseguenze.

Talvolta la rabbia è gestita attraverso l’autolesionismo.

Non è infrequente che un giovane possa procurarsi ferite o lesioni più o meno dolorose per contenere un impulso violento.

Nei pazienti affetti da disturbo della condotta è frequente il riscontro di forti difficoltà ad aderire alle norme comuni.

È importante sottolineare che la maggior parte delle volte si assiste a comportamenti antisociali in situazioni di assoluto normale sviluppo psicofisico.

I dati principali che indicano la diagnosi di queste condizioni patologiche sono la pervasività, la persistenza del disturbo e la presenza di compromissione del funzionamento dell’individuo.

La maggior parte di queste problematiche è espressa in larga parte nel genere maschile.

Per lo più non evolvono in patologie del comportamento dell’adulto ma possono in taluni casi trasformarsi in disordini di personalità, depressione, ansia ed in disturbi da abuso di sostanze stupefacenti.

ADHD (attention deficit hyperactivity disorder)

l’acronimo ADHD si riferisce alla definizione del disturbo da deficit di attenzione/iperattività.

Una condizione patologica della mente che si manifesta nella maggior parte dei casi nell’infanzia e che raramente viene descritta nell’adulto.

È relativamente recente nella sua categorizzazione diagnostica (DSM) ed è soggetta a progressive ridefinizioni ed attualizzazioni.

L’ADHD viene diagnosticata normalmente nei bambini che esprimono difficoltà nel mantenere adeguati livelli di attenzione e concentrazione, e che manifestano tendenza all’iperattività.

Non bisogna confondere situazioni di assoluta normalità con il disturbo vero e proprio.

Tutti i bambini possono manifestare comportamenti inadeguati ed esprimere difficoltà nel mantenere l’attenzione e la concentrazione. Anche l’iperattività non deve essere confusa necessariamente con un sintomo di patologia.

Nei piccoli pazienti che sviluppano ADHD sono fortemente manifesti i sintomi del deficit, così gravemente da interferire con i normali processi di sviluppo e di apprendimento che avvengono durante la crescita del bambino.

A livello scolastico possono essere presenti molti problemi sia dal punto di vista del rendimento che dal punto di vista delle interazioni sociali.

È importante porre correttamente la diagnosi anche per indirizzare eventualmente verso iter di cura specifici.

Tra gli psicofarmaci di riferimento nei protocolli di cure attuali dell’ADHD del bambino, rientrano alcune molecole appartenenti alla categoria ministeriale dei farmaci narcotici (metilfenidato) e la loro prescrizione è limitata alla presa in carico ambulatoriale neuropsichiatrica infantile afferente al Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

La diagnosi di ADHD nell’adulto è piuttosto rara e talvolta è confusa con altre diagnosi psichiatriche. Negli ultimi anni sono incrementati i dati di letteratura medica relativi al disturbo dell’adulto.

È aumentata la casistica di riferimento e resa più specifica la diagnosi di questa condizione.

Nella quasi totalità dei casi di ADHD dell’adulto si descrive la prosecuzione di un quadro psicopatologico presente già nell’infanzia ed i sintomi sono pertanto conosciuti e manifesti dai primi anni di vita.

Nell’adulto, diversamente dal bambino, sono di solito indicate altre categorie di farmaci tra cui alcune classi di antidepressivi ad azione prevalentemente noradrenergica (atomoxetina) e dopaminergica (bupropione).

I disturbi da abuso di sostanze stupefacenti

L’abuso di sostanze stupefacenti inizia di solito nell’adolescenza e può determinare lo sviluppo di condizioni croniche di tossicodipendenza nell’adulto.

Il consumo di alcolici e droghe leggere (cannabinoidi, etc.) è estremamente diffuso nella società di oggi.

Il giovane può venire a contatto facilmente con queste sostanze già dall’adolescenza ed in alcuni casi può sviluppare una dipendenza patologica.

Di maggiore gravità sono le dipendenze da sostanze stupefacenti denominate pesanti (cocaina, anfetamine, oppiacei, ketamina, lisergici).

L’utilizzo sporadico al fine ricreativo è l’uso che viene fatto nella maggior parte dei casi dai giovani.

Quando le condotte di abuso risultano prevalenti, si possono determinare importanti problematiche nella formazione della personalità e nell’individuazione di obbiettivi.

In linea generale, il funzionamento psichico e sociale di un giovane che sviluppa una dipendenza da sostanze può risentire pesantemente delle conseguenze dell’abuso.

L’utilizzo di sostanze non è associato soltanto al vivere in ambienti di disagio sociale, piuttosto coinvolge complessivamente tutte le classi sociali in maniera trasversale.

La tipologia di sostanza di abuso può variare in base alle risorse economiche ed al contesto vissuto dal soggetto. Le sostanze stupefacenti di natura attivante come le anfetamine sono conosciute da moltissimo tempo e sono diffuse nell’ambito dello sballo da discoteca o da rave.

Molecole a base di anfetamine compongono la maggior parte delle pillole o pastiglie di ecstasy o simili. L’euforia, il benessere e la disinibizione sono i fenomeni psichici provocati dall’assunzione di queste sostanze.

Effetti simili sul sistema nervoso sono provocati dalla cocaina, una sostanza il cui consumo è storicamente associato alle classi sociali più alte.

Oggi la situazione è cambiata rispetto al passato e la sostanza risulta maggiormente accessibile.

È inoltre presente una formulazione di cocaina cristallizzata (crack), la cui assunzione è diversa.

Il crack viene fumato attraverso delle pipe piuttosto che essere inalato dalle narici.

Questa modalità di utilizzo della sostanza determina l’intensità degli effetti e la loro durata.

L’assunzione del crack è inizialmente legata ad un fortissimo effetto di benessere immediato della durata di pochi minuti.

Il soggetto che ha appena vissuto un tale momento di piacere si trova in progressione rapida a vivere stati di profonda angoscia legati al calo interno della sostanza.

L’individuo può così sviluppare un comportamento ripetitivo che lo spinge ad assumere continuamente la sostanza per mantenere stabile la propria percezione di benessere.

Il consumo di crack è associato ad una fortissima dipendenza psico fisica e ad un alto tasso di morte prematura per inedia, anoressia ed arresto cardiaco.

L’astinenza da crack in generale provoca nel tempo stati di profonda frustrazione e può determinare lo sviluppo di idee paranoidi e di persecuzione che possono anche cronicizzare e modificare la realtà dell’individuo.

Un’altra sostanza chimica particolarmente diffusa è la ketamina, un anestetico generale utilizzato in veterinaria. È assunta di solito attraverso le narici e talvolta viene mescolata ad altre sostanze.

Come è immaginabile, determina un effetto di anestesi, di dissociazione mente corpo e nello stesso tempo può essere vissuta una sensazione di benessere sostenuta dai legami chimici amminici e dagli effetti diretti della molecola sul sistema nervoso centrale (SNC).

Un’altra importante categoria di sostanze stupefacenti sono gli oppiacei.

Al giorno d’oggi è molto facile trovare la resina dell’oppio e varie formulazioni di eroina da fumare.

L’accessibilità a queste sostanze è via via più semplice ed associata a bassi costi di vendita.

La dipendenza da oppiacei determina fortissime crisi di astinenza in cui talvolta può essere necessario il ricovero in ambiente ospedaliero per la disintossicazione.

L’astinenza da oppiacei è drammatica, mette a rischio la vita e può durare anche settimane.

Un individuo vive un’angoscia profonda e può manifestare dolori fisici, nausea, allucinazioni.

Il fentanyl oggi è conosciuto per lo più perché associato ad un incremento enorme delle morti negli Stati Uniti per l’utilizzo cronico o l’abuso di questo farmaco.

Inizialmente indirizzato alla cura del dolore, è diventato nel tempo una sostanza da abuso.

In Italia attualmente la sua diffusione è piuttosto contenuta.

Dipendenza da internet

Il tema della dipendenza da internet è un argomento in continua discussione in psicologia.

L’utilizzo sproporzionato in generale dei mezzi di comunicazione online e dei videogame nel giovane può generare diverse conseguenze sul piano psichico e dell’interazione sociale.

L’adolescente che manifesta alcune iniziali problematiche di disagio nel contesto scolastico e nelle relazioni, può sviluppare una tendenza all’isolamento sociale e può rifugiarsi nella navigazione e nell’utilizzo di videogiochi e piattaforme online, presso le quali può passare la maggior parte del proprio tempo nello svolgimento di attività ludiche o collegate ad un interesse specifico.

La realtà virtuale vissuta può diventare dominante nell’attività psichica.

L’adolescente può impostare le sue giornate nell’ottenimento di obbiettivi nel gioco.

Un giovane che vive queste dinamiche mentali, può sviluppare pian piano problematiche di adattamento sociale e difficoltà relazionali in generale.

Il facilissimo accesso alla pornografia online nei minori produce importanti cambiamenti nella psiche e modifica l’idea della sessualità, che rischia di non essere costruita sullo sviluppo di fantasie ed attraverso il contatto con persone reali della vita, ma può essere percepita artificialmente attraverso elementi di distorsione.

Il soggetto che sviluppa forme di dipendenza da internet e tendenza all’isolamento sociale, va guidato dalla famiglia e dalla rete di supporto ad acquisire motivazione e maggiori capacità di adattamento.

Disturbi della nutrizione o del comportamento alimentare

I disturbi della nutrizione (DSM-5) corrispondono alla nomenclatura ed alla categorizzazione attuale delle condizioni storicamente conosciute come disturbi del comportamento alimentare.

La definizione diagnostica di queste patologie è relativamente recente (DSM-2; 1968) ma le prime descrizioni di anoressia nervosa sono antiche e risalgono al secolo XVII.

Attualmente le condizioni patologiche principali descritte in questa categoria diagnostica (DSM-5) sono l’anoressia nervosa, la bulimia ed il binge-eating disorder (BED).

L’esordio di questi disturbi è in generale precoce e già durante l’infanzia e l’adolescenza possono essere manifesti i sintomi.

Anoressia e bulimia sono condizioni per lo più riferite al genere femminile (prevalenza 90%).

L’anoressia nervosa corrisponde ad una complessa condizione psicofisica in cui la persona decide volontariamente di ridurre o eliminare l’alimentazione e l’introito calorico, nell’intento improcrastinabile di ridurre il peso.

La diagnosi di questa patologia tiene conto quindi di una grave perdita di peso corporeo (body mass index BMI- 18) e della messa in atto di comportamenti patologici volti all’ottenimento dell’obbiettivo.

L’anoressia si manifesta attraverso quadri clinici variegati e spesso molto diversi tra loro.

Sono descritti vari livelli di gravità di patologia.

Il parametro del peso è fondamentale per comprendere l’intensità dei sintomi e le conseguenze sul piano fisico.

Nell’anoressia nervosa sono descritti comportamenti patologici come l’iperattività fisica e le condotte di eliminazione (vomito autoindotto).

Possono essere assunti impropriamente, in alcuni casi, anche farmaci diuretici e lassativi.

L’idea distorta del peso è alla base del meccanismo mentale che genera il comportamento anoressico. È importante comprendere che l’adolescente che sviluppa anoressia percepisce un profondo disagio legato al rapporto con l’idea e l’immagine di sé stesso.

Il malessere e la frustrazione della mente vengono trasferiti sul corpo, il quale viene sottoposto a pesanti sofferenze quali l’imposizione del digiuno protratto e la sopportazione della fame.

Le ragioni alla base di queste condotte estreme sono prevalentemente psicologiche.

I disturbi del comportamento alimentare sono associati allo sviluppo della società industriale e della modernità. Sono forse erroneamente interpretati come patologie del benessere.

Vengono di solito diagnosticati in contesti sociali medio alti ed in famiglie benestanti, ma bisogna anche considerare le difficoltà legate al riconoscimento di queste condizioni nelle situazioni di disagio sociale, dove in generale è minore l’accesso alle cure.

Nella bulimia, diversamente dall’anoressia, oltre al verificarsi di fasi di riduzione drastica del peso, l’individuo manifesta anche fasi in cui tende al contrario a sviluppare sovrappeso ed obesità patologica.

In questo contesto possono essere vissuti periodi di rapide e gravi variazioni del peso in cui possono essere presenti condotte di eliminazione ed iperattività fisica.

Il binge- eating disorder è un disturbo del comportamento alimentare legato a condizioni di grave obesità patologica. Il soggetto manifesta un rapporto tossicodipendente con il cibo e tende ad esagerare l’introito di alimenti anche in funzione di calmare o ridimensionare i propri stati mentali interni.

La psicologia di questo disturbo è complessa ed ogni soggetto affetto da questa problematica può presentare impostazioni mentali o tratti di personalità diversi.

Il comportamento patologico è legato all’assunzione sproporzionata di alimenti rispetto alle necessità individuali.

Il rapporto con il cibo appare distorto e soggetto al nevroticismo ed alla rimuginazione ossessiva.

Vengono di solito descritti episodi di abbuffate gravi talvolta manifeste come veri e propri comportamenti o atti compulsivi.

La prevalenza dei disturbi della nutrizione è in continua crescita negli adolescenti.

L’enorme disagio in generale vissuto dai giovani oggi può determinare l’insorgenza di queste patologie.

Il disturbo alimentare, come accennato, nasconde profonde origini psicologiche e pertanto la psicoterapia è l’indicazione terapeutica principale in questi casi.

Il sostegno farmacologico può essere previsto come anche il ricovero in ambiente psichiatrico o in medicina quando le condizioni psicofisiche sono gravemente deteriorate.


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